Orfeo Dalla Villa ed i suoi figli

Da oltre sei generazioni la loro famiglia si occupa di calzature. Hanno cominciato come ciabattini, poi sono divenuti artigiani più raffinati, infine grandi commercianti. È loro il più grosso emporio di calzature della zona. Fino a poche decine d’anni fa, portavano i loro prodotti nei vari mercati con un… cavallo.
Successivamente, per pubblicizzarsi, avevano fatto ricorso agli 800 cavalli di una Formula Uno.

Una ``Dinasty``

La loro è una vera e propria dinastia, nata, cresciuta ed allevata fra le calzature. Orfeo Dalla Villa, classe 1920, e i suoi quattro figli Umberto, Fabrizio, Ombretta e Maurizio, erano allora a capo di un emporio commerciale di grande rilievo. Apparteneva a loro il più grande emporio di calzature sorto nella zona commerciale Centro Scarpa di Ferrara, a Il Papò, ad Occhiobello, a pochi chilometri dalla città. Al tempo non era l’unico punto vendita della famiglia: altri erano sorti infatti in diverse località del Polesine e a Bologna.

I 1.300 metri quadrati del grande negozio di Occhiobello accoglievano, e accolgono ancora oggi migliaia di calzature di ogni marca e per ogni età. «Con le scarpe che sono esposte qua dentro, potremmo calzare quasi un’intera città. Ci saranno quarantamila paia di scarpe, forse di più…» raccontava Orfei all’epoca.

quale è stata la strada per arrivare a queste dimensioni? Come tutte le “dinasty” che si rispettino, la storia della famiglia Dalla Villa non è “solo” quella di un commercio riuscito, ma soprattutto una storia di sacrifici, di sorprese e di umili origini.

All’epoca l’Italia era già uno dei paesi più produttivi del mondo in questo settore. Forse solo i marchigiani erano riusciti ad avvicinarsi a quella qualità…

«Era un’arte – proseguiva il giovane Dalla Villa – nelle cui vene scorreva la stessa sanguigna passione che aveva animato i suoi predecessori, e che aveva trovato le sue massime espressioni proprio in queste zone: dai ciabattini veneti, ai romagnoli, ai ferraresi. In particolare i calzolai di Francolino, che utilizzavano le pelli del Po. Sono stati i nostri nonni, i nostri avi, a dare il loro lavoro, i loro sacrifici e la loro vita per le scarpe: per vari pontifici, per alti prelati italiani (Alcide De Gasperi era un loro cliente) e perfino per presidenti americani».

La svolta

La famiglia è originaria di Villanova del Ghebbo, nel Polesine, in provincia di Rovigo, non distante da Ferrara. Ha naturalmente “respirato” quella tradizione calzaturiera, ed era stata questa, forse, la chiave del suo successo.

La svolta autentica nell’attività di famiglia, quella che Ha portato i Dalla Villa alle dimensioni attuali, è stata legata all’unione del signor Orfeo e di sua moglie Carla, genitori dei quattro fratelli che stavano consolidando il regno commerciale familiare.

Il signor Orfeo, uomo robusto e dalle mani callose, aveva iniziato anch’egli portando con un biroccino a cavallo le scarpe di propria produzione nei mercati della provincia. Poi, al momento giusto, aveva saputo rischiare, e la fortuna negli affari lo aveva premiato. «C’è voluto comunque anche tanto lavoro – commentava il figlio – e perciò dicevano che mio padre la fortuna se la fosse proprio guadagnata».

Lo stesso Orfeo raccontava quanto duro fosse stato il suo cammino: «Eravamo una famiglia molto numerosa, nove fra fratelli e sorelle. La guerra aveva costretto me e i miei fratelli maschi a sospendere ogni attività per andare a combattere. Al ritorno ci siamo rimboccati le maniche. Per andare sui mercati avevamo abbinato ai cavalli alcuni camion recuperati fra i residui bellici. Per risparmiare sull’albergo spesso dormivamo per terra, utilizzando i teloni dei camion come tende da campo. In quegli anni ho imparato un mestiere completamente dopo che ci eravamo separati. In effetti io e i miei fratelli abbiamo girato il mondo per quasi 54 anni. La mia specialità era quella di vendere all’incanto sulle piazze. Vendere all’incanto significava fare prima il giro di tutto il paese facendosi pubblicità con gli altoparlanti, poi fermarsi sulla piazza principale o davanti alle fabbriche. E lì ci voleva un’arte particolare, da vero imbonitore, per intrattenere la gente e convincerla a comprare. Quel mestiere era diventato la mia specialità. Avevo avuto la fortuna di impararlo, rubandolo quasi di nascosto, da “Nani Boletto”, un mio compaesano di Villanova del Ghebbo, che credo sia stato il più grande imbonitore di tutti i tempi in questa zona. Lo andavo ad ascoltare mentre lavorava, cercando di non farmi vedere perché geloso della sua arte, e poi cercavo di imitarne i modi di spirito, lo stile, le battute. Era un mestiere più duro di quanto si possa pensare oggi. Ma era stato proprio con quei comizi improvvisati nelle piazze per vendere scarpe che avevo potuto creare quest’azienda e assicurare un futuro ai miei figli…».

I quattro figli del signor Orfeo si dividevano pariteticamente i compiti. Umberto, il più giovane, Fabrizio, Ombretta e Maurizio erano pienamente consapevoli della predestinazione del loro nome e avevano tutti, senza defezioni, abbracciato l’attività paterna. Fù Fabrizio a dare l’impulso all’espansione e all’immagine moderna dell’azienda, mantenendo sempre viva la filosofia del padre Orfeo: qualità, onestà e passione.

Certo i tempi stavano cambiando: prima l’attività della famiglia Dalla Villa procedeva al traino di un cavallo; allora, per pubblicizzare la propria attività, avevano fatto ricorso agli 800 cavalli di una Minardi di Formula Uno, esposta davanti al loro “Centro Scarpa” grazie alla sponsorizzazione di una famosa marca di calzature sportive – la Simod – ampiamente commercializzata all’interno del loro emporio.

Tutte le scarpe che cerchi

«Certamente non avevamo solo scarpe sportive – precisava all’epoca Fabrizio Dalla Villa – Nel nostro capannone c’era di tutto, dalla ciabatta più economica alla scarpa più fine e naturalmente più costosa…».

L’emporio era sempre affollatissimo: «Sia i rodigini che i ferraresi si erano accorti di quanto fosse conveniente acquistare da noi. La nostra grandissima forza stava nella capacità di acquisto, nella possibilità cioè di trattare grosse partite di merce, ottenendo prezzi particolarmente convenienti. Poi, secondo la filosofia popolare della mia famiglia, cercavamo di essere il più possibile contenuti nei ricarichi. Fino ad allora tutto ciò aveva assicurato il successo alla nostra impresa…».

Scarpe italiane o scarpe straniere? «Io personalmente – rispondeva Fabrizio Dalla Villa – preferivo le scarpe italiane. Erano le migliori, di gran qualità. Quelle straniere sapevano farsi più pubblicità, ma come qualità dovevano fare ancora parecchia strada prima di eguagliare le italiane».

«Oltretutto, preferendo calzature italiane, si contribuiva a mantenere l’occupazione di tanti addetti in questo settore».

Un’altra domanda ricorrente era: quanto doveva durare una scarpa? Era opportuno farle risuolare?

«Forse valeva la pena di far risuolare le scarpe più eleganti e costose. Negli altri casi, per quanto riguardava le scarpe di qualità più standard, si poteva pensare a una durata media di un anno o due. D’altro canto il prezzo era in genere abbastanza contenuto, da consentire senza eccessivi dispendi una continua rotazione delle calzature…».